Con una carriera da attore, che spazia da film Mormoni a show televisivi popolari, Corbin Allred, che recentemente ha recitato in “The Saratov Approach”, è un attore di successo. Noi lo abbiamo intervistato per scoprire quali lezioni ha imparato dai suoi personaggi, come mai Natalie Portman lo abbia chiamato per augurargli buona fortuna, prima che partisse in missione e per capire come mai adesso lavori principalmente nel campo medico.

D: Quale è stato il ruolo che hai preferito interpretare?

R: Onestamente, sono davvero grato di aver potuto lavorare con Ryan Little nel film “Saint and Soldiers”. Quello è stato uno dei miei ruoli preferiti.

Potrebbe essere perché sono una persona molto patriottica; ho dei familiari che hanno servito nell’esercito. Mio nonno ha combattuto nella seconda guerra mondiale e poi nella guerra di Corea. Partecipare a progetti che omaggino coloro che hanno sacrificato così tanto per noi è stato più che altro un privilegio.

D: Come è stato interrompere la carriera di attore per servire una missione?

R: Avevo 19 anni ed ero nella classica situazione di stallo nella quale dovevo scegliere se dovessi servire una missione o meno, se partire subito o aspettare, perché la mia carriera stava andando bene e avevo diverse possibilità davanti a me.

Ricevetti molta forza dallo Spirito e la rassicurazione che ciò che stavo per fare era la cosa migliore per me. La mia carriera era una cosa davvero frivola se paragonata al valore ed all’importanza del Vangelo.

D: Qual è la star di Hollywood con cui hai preferito lavorare?

R: Ho lavorato con tantissime persone meravigliose, ma direi che una delle persone migliori con cui ho mai lavorato è stato William Petersen in CSI, la serie originale, lui era il protagonista.

Un’attrice con cui mi è piaciuto lavorare è stata Natalie Portman. Ero parte di un film chiamato “La mia adorabile nemica” insieme a lei.  Nel film interpretavo il suo ragazzo, era molto gentile ed umile.

Lei è una delle persone più intelligenti con cui abbia lavorato. Ha una gran conoscenza e senso critico riguardo al cinema, ma anche riguardo ad altre cose in generale.

Mentre lavoravamo a quel film, le ho detto che ero un Santo degli Ultimi Giorni e abbiamo parlato un po’ di religione. Le ho detto che avevo intenzione di partire in missione e si è raccomandata di avvisarla nel caso sarei partito per dirle dove sarei andato.

Così, alcuni mesi dopo aver girato quel film, ho ricevuto la mia chiamata in missione e le ho mandato un messaggio per comunicarle quando sarei partito e la mia destinazione.

La notte prima di entrare al MTC (Centro di Addestramento Missionario), mi ha chiamato per augurarmi buona fortuna. Immaginatevi, stiamo parlando di qualcuno con cui avevo lavorato mesi prima ad un film.

Non doveva farlo per forza. Era realmente interessata a quello che stavo facendo e le importava abbastanza da farmi una telefonata, da prendersi del tempo, in mezzo a tutti i suoi impegni, per chiamarmi ed augurarmi una missione di successo.

Aveva capito, dalle nostre conversazioni, che era una cosa molto importante per me, quindi penso che sia stato un atto davvero di classe da parte sua, molto gentile ed elegante.

D: Quali lezioni hai appreso grazie ai tuoi personaggi?

R: Penso che i personaggi più divertenti siano anche quelli più impegnativi da interpretare e mi sono divertito molto ad interpretare personaggi che sono l’esatto mio opposto.

Credo che ogni personaggio interpretato mi abbia insegnato qualcosa, ma quelli da cui ho imparato di più sono i personaggi molto diversi da ciò che sono, i quali mi hanno fatto capire come sarebbe essere qualcuno che sia il mio opposto, oppure quei personaggi che devono affrontare delle difficoltà o delle prove che io non ho mai dovuto sperimentare.

D: In che modo ti è capitato di difendere i tuoi principi durante la tua carriera da attore?

R: Una volta, in particolare, mi hanno offerto di recitare in un film, con il ruolo da protagonista, offrendomi anche una sostanziosa somma di denaro, ma il ruolo in questione era di un personaggio molto, molto rozzo e volgare nel linguaggio.

Non si trattava di scene di nudo o dell’utilizzo di sostanze o di qualsiasi altra cosa che avrei dovuto fare in scena, ma il linguaggio era semplicemente indegno. Allora ho detto al mio agente: “Ho bisogno che tu vada dal produttore e che gli dica che sono interessato al progetto, ma che non potrei mai usare certe espressioni.”

Il mio agente ci è andato e glielo ha detto, ma è tornato riportandomi che, se volevo, dovevo accettare la cosa com’era o non se ne sarebbe fatto nulla. Il progetto ed il denaro erano miei se solo avessi voluto, ma avrei dovuto accettare di dire ciò che volevano che dicessi.

Non ci ho pensato due volte. Neanche per un secondo. Gli ho risposto: “Bè, non sono interessato.”. Tanta gente direbbe: “Ma, il tuo agente non si è arrabbiato dopo che hai rinunciato a quel ruolo?”, perché quello sarebbe stato decisamente un buono stipendio anche per lui.

Invece all’altro capo del telefono c’è stato un po’ di silenzio e poi il mio agente mi ha solo risposto: “Corbin, ti voglio bene.” e poi ha chiuso la chiamata.

L’aveva capito anche lui. Aveva capito che ci sono cose che vale la pena difendere e per cui non bisogna vendersi. Ci sarebbero state altre offerte. Non rimpiangerai mai di aver fatto la cosa giusta. La tua vita scorrerà liscia e perfetta? Probabilmente no, ma tu ti sentirai a posto.

D: In che modo il recitare ha influenzato la tua vita familiare?

R: Io e mia moglie cerchiamo di fare del nostro meglio per minimizzare gli effetti che il mondo del cinema potrebbe avere sulla nostra famiglia.

Voglio essere sicuro che i miei figli capiscano che l’importante non è che il loro padre sia un attore, o che la gente sappia chi sono e guardi i miei film, ma chi io sono realmente e come mi comporto.

Per questo abbiamo cercato dei modi per separare la famiglia dalla mia vita cinematografica, proprio per far sì che i nostri figli rimangano coi piedi per terra e capiscano cosa davvero è importante nella vita.

D: Adesso lavori come assistente ospedaliero e hai messo la recitazione in secondo piano. Cosa ti ha portato a perseguire una carriera medica?

R: Sin da quando ero molto piccolo, avevo una passione, un amore, per la medicina. Molti bambini portano con sé un orsacchiotto o una coperta. Anche io avevo una coperta, ma avevo anche un manuale di primo soccorso. Lo portavo ovunque.

Era una cosa che amavo e che mi portavo sempre con me. Era sempre in camera mia o in giro con me. Se qualcuno si faceva male, lo prendevo e provavo a curare la gente.

Insomma ho sempre avuto questa passione di prendermi cura della gente, è qualcosa che poi è rimasta per tutta la mia vita.

D: C’è qualcosa che la gente non conosce su di te?

R: Tanta gente non sa che sono stato campione della Costa Ovest di Tip Tap Freestyle.

D: Qual è il miglior consiglio che tu abbia mai ricevuto?

R: Il miglior consiglio che ho ricevuto è stato da parte di mio padre. Ripeteva sempre: “Ricorda chi sei e da che parte stai.” Rappresentare il Signore è stato molto più importante che diventare famoso o essere importante agli occhi dei fan o del mondo.

Questo articolo è stato originariamente scritto da LDS Living Staff ed è stato pubblicato su ldsliving.com, intitolato Natalie Portman Called to Wish Me Luck on My LDS Mission. Italiano ©2016 LDS Living, A Division of Deseret Book Company | English ©2016 LDS Living, A Division of Deseret Book Company